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Novara oltre la burocrazia delle certificazioni si candida al centro di una filiera tutta italiana

Novara oltre la burocrazia delle certificazioni si candida al centro di una filiera tutta italiana

Trascorso un mese dall’inizio dell’emergenza, l’industria Coccato & Mezzetti di Galliate, gestita dalla famiglia Coccato, ha ormai stabilizzato la produzione a circa 500.000 mascherine al mese. Qualche settimana fa l’ad Fabiano Vittorio Coccato aveva espresso la propria stima nei riguardi di quegli imprenditori che intendevano convertire le loro produzioni in DPI, ma poi, come purtroppo siamo spesso abituati nel nostro Paese, ci si è scontrati contro la burocrazia delle certificazioni. Nemmeno gli sforzi compiuti dal Governo mediante il decreto 18 del 17 marzo, che all’articolo 15 autorizza la produzione di guanti e mascherine per uso medicale e per i lavoratori in deroga alle norme CE, sembra riuscire ad aiutare le aziende a superare questa impasse. «Quello che si può fare al momento – spiega Coccato – è rimboccarsi le maniche. Il paradosso è che ora non si comprende più nulla davanti alle certificazioni o alle autocertificazioni richieste per la produzione: innanzitutto non si arriva a una certificazione se non si dispone del materiale idoneo. Noi questo materiale lo abbiamo perché anni fa ci eravamo imbattuti in vie forse ancora più tortuose di quelle attualmente imposte dall’iter certificativo.

Nella fattispecie le nostre mascherine sono classificate come Dispositivi Medici (DM), omologati secondo i criteri richiesti dal Ministero della Salute e con marchio CE, che seguono un iter di autorizzazioni diverso rispetto ai Dispositivi di Protezione Individuale (FFP2 ed FFP3), che vengono sottoposti a test sulla sicurezza del lavoratore. Ci tengo a fare questa precisazione per rendere l’informazione più chiara perché in questi giorni arrivano richieste confuse, anche da parte di tecnici e delle pubbliche amministrazioni. Gli uni non escludono gli altri, naturalmente, sono tutti manufatti a protezione individuale: le nostre mascherine sono catalogate come Presidi di protezione dal rischio biologico e chimico testate contro il virus batteriofago Phi-X 174 (24 nanometri), che offrono protezione dall’interno verso l’esterno, in particolare evitano a chi le indossa, anche se asintomatico, di diffondere il contagio. Diverso è l’iter che avevamo seguito per le nostre tute monouso, i camici, i manicotti, i calzari (e ormai anche delle visiere, delle quali abbiamo appena ottenuto la certificazione) che sono certificate come DPI con marchio CE». Ma al di là delle pastoie burocratiche, di cui nostro malgrado noi italiani già ci siamo fatti gli anticorpi, la scommessa oggi è la ripartenza, anche alla luce dei fatti che l’Europa sembra non avere una visione chiara del futuro e i Paesi dell’area settentrionale appaiono più inclini a valutare l’emergenza da un punto di vista finanziario piuttosto che attraverso la condivisione delle risorse per il bene dell’intera Comunità Europea.

Se ogni Stato, soprattutto quelli più colpiti, deve fare da sé, risollevarsi sarà davvero dura, e rispondere alla sfida ancora di più. Per quanto riguarda il territorio novarese, storicamente al centro del comparto tessile nazionale, le risorse imprenditoriali non mancano e nemmeno le competenze per creare una rete di aziende disposte a investire in quello che potrebbe diventare un settore strategico rispettando una filiera tutta italiana. Da anni Coccato & Mezzetti ha stretto una collaborazione sinergica con Novamont e Orsa e in queste ultime settimane ha consolidato un asse industriale che può far fronte alla richiesta della materia prima per questi DPI a livello nazionale e cerca partner disposti a investire in un progetto comune tutto made in Italy. A questo si aggiunga un altro elemento, che forse in futuro diverrà cruciale oltre che strategico: il materiale di cui si parla è biodegradabile e compostabile, accoppiato con Mater-Bi fornito da Novamont (norma EN 13432) e appena passata l’emergenza, nelle cosiddette fasi 2 e 3, dovremo forse abituarci a tenere in casa una dotazione di mascherine che potranno essere smaltite nell’umido (quando non sarà in atto un’epidemia). Ma questo aprirebbe un altro capitolo, lo stesso che aveva animato la famiglia Coccato allora e che sembra rimanere avveniristico anche oggi.

Francesca Giordano

Mascherine per fronteggiare l’emergenza nazionale: contro il Coronavirus si riparte da Novara

Mascherine per fronteggiare l’emergenza nazionale: contro il Coronavirus si riparte da Novara

L’industria Coccato & Mezzetti ha ripristinato la produzione di mascherine monouso sparite dagli scaffali di farmacie, negozi e supermercati, ma soprattutto da molti presidi ospedalieri del Nord Italia che in prima linea si trovano a fronteggiare l’emergenza del Coronavirus. L’azienda, gestita dalla famiglia Coccato a Galliate, ha ripreso la produzione in serie di questi DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), insieme alle tute monouso, in seguito alle richieste ricevute da più parti e in particolare dalle aziende sanitarie, dalle autorità istituzionali e dai vecchi clienti che si sono ricordati che un tempo questi dispositivi veni-vano realizzati anche in Italia. Sì perché, dopo il 2005, per effetto della massiccia importazione dall’area asiatica e l’impossibilità di far fronte alla competitività dei prezzi, la produzione aziendale era stata ridimensionata e finalizzata solo a commesse di altissima qualità destinate ad aziende che prediligevano manufatti biodegradabili con le medesime caratteristiche e gli standard ad elevata resistenza a batteri e virus.

Bisogna infatti sottolineare che le mascherine Coccato sono un prodotto di eccellenza del territorio di Novara, parte della linea Promovita®, frutto di anni di ricerca che hanno portato alla messa a punto di DPI accoppiati con Mater-Bi® che, oltre a rispettare tutti gli standard e le normative richieste dal Ministero della Salute, possono esser smaltite nel compost senza arrecare danno all’ambiente. In questi giorni l’azienda ha implementato la linea produttiva e sta mettendo in campo tutte le risorse al fine di ampliarla ulteriormente per gestire la domanda che si fa sempre più pressante e per mettere la produzione a regime, predisponendo nuovi spazi, programmando nuovi turni e straordinari dei suoi dipendenti.